LA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO

La Parola di Cristo

abiti tra voi

nella sua ricchezza

 

 

Per dare anima e fondamento

alla pastorale

per nuovi percorsi

 

 

 

 

 Introduzione

 

 

 

 

 

 

 

Venerato Arcivescovo emerito,

Amati Presbiteri e Diaconi, miei primi collaboratori,

Carissimi Religiosi, Religiose, Seminaristi,

Diletti Amici dell’Azione Cattolica

e delle Aggregazioni laicali,

Validi collaboratori Catechisti e Insegnanti,

Voi tutti della santa Chiesa che è in Gaeta.

 

Introduzione

 

Non è trascorso ancora un anno da quando il Signore ha affidato alle mie cure di Padre e Pastore l’amata Chiesa di Gaeta e in questo periodo abbiamo cominciato a conoscerci e ad amarci sull’esempio di Gesù, che in nulla ha risparmiato se stesso. Ho potuto visitare tutte le comunità parrocchiali e con esse condividere la gioia della santa Eucarestia.

Constatiamo che un’azione pastorale efficace oggi non è facile. Diventa allora indilazionabile sollecitudine dover progettare il futuro della Chiesa della nostra Arcidiocesi e chiederci, appassionatamente, cosa il Signore si attende da noi in questo momento storico, che stiamo vivendo. Le difficoltà dell’oggi paradossalmente si rivelano una santa opportunità, che ci sprona a ripensare la nostra pastorale per essere in grado di trasmettere ancora la fede in Cristo in questo territorio, irrorato dal sangue di tanti martiri, primo fra tutti sant’Erasmo.

In questa prospettiva, ringrazio perciò i sacerdoti, che pur nel dolore del distacco, hanno saputo allargare le vele del cuore al soffio dello Spirito per nuovi campi di lavoro pastorale; così pure dico il mio grazie alle rispettive comunità parrocchiali, che con maturità hanno colto in questi avvicendamenti un’occasione di crescita ecclesiale: saranno esse di esempio per altre comunità che verranno chiamate a collaborare per il bene della Chiesa diocesana.

L’esistenza dell’uomo non è statica ma è un continuo modificarsi: è dinamismo, conquista, speranza, progresso. Questa dinamica matura l’uomo stesso e lo completa nella sua crescita ricreandolo continuamente e lo sollecita a non adagiarsi ma a saper tendere ad una costante ricerca del “quaerere Deum” e a “saper trovare Dio” in un ‘infinita’ avventura dello spirito.

Iniziamo un nuovo anno pastorale con entusiasmo e fiducia grande nel Signore e ci impegniamo per il bene della nostra Chiesa. Entusiasmo e fiducia significano prima di tutto recuperare quella passione grande per il Cristo e per il suo Regno, che non ci permette di rassegnarci ad una pastorale di conservazione o al “si è sempre fatto così”. Farci afferrare da Cristo e farci rinnovare dalla forza e bellezza della sua Parola è questo l’entusiasmante impegno, personale e comunitario, che caratterizzerà la pastorale degli anni che si aprono dinanzi a noi!

Ascoltare la Parola del Signore è come ri-sentire la voce dello stesso Gesù, che dà inizio alla sua predicazione dicendo: ”Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). Convertirsi significa, nell’originale della lingua greca, cambiare mente e vita, cambiare strada: ma significa anche tensione, ricerca, decisione, persino inquietudine. In definitiva significa far sorgere dalle ceneri di una religione incolore, inodore e insapore una fede operosa e tesa, che ci invita a trovare vie e metodi nuovi per un mondo, che, se pur contraddittorio, richiede nuova arte pastorale per iniziare almeno un dialogo. Dopo ogni ascolto o lettura della Parola del Signore dovremmo sentir risuonare dentro di noi l’ammonimento del profeta Michea: ”Uomo, ti è stato detto ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare con il tuo Dio” (6,8).

Proprio alla Parola del Signore desidero dedicare la presente “lettera pastorale”; essa vuole evidenziare alcune attenzioni, che possano vederci uniti nel vivere gli impegni comuni e ordinari. Non un peso in più da portare, ma un semplice strumento pastorale per rivitalizzare, alla luce della Parola di Dio, le nostre realtà e cominciare a immetterci nelle tre vie del nostro Sinodo: la nuova evangelizzazione, l’Eucarestia e i sacramenti, la testimonianza cristiana dinanzi al mondo. Se è nutrita dalla Parola di Dio, la nostra fede diventa pensata e capace di confrontarsi con gli uomini, con il mondo, con le istanze che ci vengono dalla storia.

 

 

L’orizzonte contemporaneo

 

Il momento storico della vita della Chiesa ci viene in aiuto e ci incoraggia.

Papa Benedetto XVI ci invita a celebrare un anno di particolare riflessione sulla figura e sull’opera apostolica di san Paolo in occasione del bimillenario della sua nascita. Egli fu affascinato e afferrato da Cristo Gesù e divenne propagatore indefesso della “bella notizia”, che è il Vangelo. Perciò Papa Benedetto XVI ha potuto affermare: “Il successo del suo apostolato dipende soprattutto da un coinvolgimento personale nell’annunciare il Vangelo con totale dedizione”. Questa passione, che gli farà ripetere: “Chi ci separerà dall’amore di Dio?”, lo porterà dalla Palestina finanche sulle nostre terre per poi offrire la vita a Roma sulla Via Ostiense, proprio ove ora sorge maestosa la Basilica eretta sul suo sepolcro: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21).

La ricorrenza è una preziosa opportunità anche per la nostra Chiesa gaetana, che è nata dalla predicazione apostolica. Lo sapete bene: le nostre antiche diocesi di Minturno, di Fondi, di Formia e di Gaeta sono nate proprio dalla predicazione di san Pietro e di san Paolo e dei loro discepoli. Perciò non possiamo non metterci alla scuola dell’Apostolo per eccellenza, ricordando la sua ansia di trascrivere il Vangelo nei linguaggi delle culture universali perché esse fossero attratte, fecondate, salvate. Il suo impegno fu quello di fondare Chiese, di seguirle nella loro faticosa crescita, di renderle coraggiose testimoni del Cristo. Il suo ritratto più bello lo troviamo nella seconda Lettera a Timoteo: “Il mio sangue sta per essere versato in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (4,6).

La Chiesa universale poi, celebrando la XII Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, riflette sul fondamentale tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Lo faremo anche noi e concentreremo su questo tema le diverse attività delle nostre parrocchie, delle nostre comunità e delle nostre aggregazioni ecclesiali.

Tutto ci servirà come preziosissima preparazione, motivata e cosciente, per introdurci alla celebrazione del Sinodo diocesano, convocato proprio dalla Parola del Signore, che è fondamento insostituibile dell’evangelizzazione e della catechesi e quindi fondamento e origine della stessa missione della Chiesa.

Il cammino pastorale di quest’anno dovrà essere occasione privilegiata per la nostra Chiesa, che nel tempo va incontro al suo Signore mentre egli continuamente viene verso di noi. Muovere poi i nostri passi in questo anno paolino riveste un significato simbolico: come l’Apostolo dobbiamo incontrare Cristo, lasciarci convertire da Lui e farci trascinare dalla forza del suo Spirito a essere annunciatori della Parola di salvezza.

Queste mie considerazioni vogliono essere forte sollecitazione perché la Parola di Dio sia rimessa al centro della vita spirituale dei sacerdoti, diaconi, religiosi e fedeli tutti e nello stesso tempo diventi sempre più fonte per la nostra pastorale in un mondo in continuo cambiamento. Ricordiamolo sempre: la Parola al centro della nostra vita ci sollecita a sempre migliorare, perché tutto nella Chiesa prende origine dalla Parola e tutto riconduce ad essa: ecco perché ho tratto dalla lettera di san Paolo ai cristiani di Colossi lo splendido augurio: “La Parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza” (3,16).

 

 

La Parola di Cristo…

 

Ma che cosa è questa Parola? Solo un libro, la Bibbia, forse lasciato impolverare sulle nostre scrivanie o nelle nostre librerie? Forse una bella parola da dire a chi vive gioie o dolori? Forse ancora una stampella di comodo per le nostre idee, i nostri progetti pastorali, le nostre bizzarrie?

In primo luogo dobbiamo sapere che la Bibbia è un insieme di libri, generati nello spazio di un millennio e destinati a un popolo, il quale viene convocato per ascoltare quanto in essi è contenuto quale rivelazione della Parola di Dio. La Chiesa del nuovo Patto ha congiunto insieme Antico e Nuovo Testamento, perché tutta la Bibbia è indice rivolto verso Cristo. Così la Parola di Dio è una realtà molto più viva rispetto alla Scrittura: la eccede e la trascende. La Bibbia allora è “tabernacolo della Parola”, è un testamento consegnato ai lettori-destinatari, così che la comunità appare inseparabile dalla Scrittura perché è in essa che trova la sua identità.

In secondo luogo veniamo così a sapere che la Parola contenuta nella Bibbia è Dio stesso che parla, e insieme è il Figlio unigenito del Padre, Cristo Gesù. Questa verità ci è rivelata dall’evangelista Giovanni proprio all’inizio del suo Vangelo: “Al principio c’era colui che è la “Parola”. Egli era con Dio; Egli era Dio. Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa… Colui che è la “Parola” è diventato un uomo e ha vissuto in mezzo agli uomini” (1,1.2.3.14).

La chiave per entrare nella Scrittura e leggere, con verità e fede, la Parola di Dio è proprio Lui, il Signore Gesù: ogni singolo frammento della Bibbia parla di Lui e ogni “iota” lo celebra, lo annuncia e lo rivela. Questa Parola, che è Cristo stesso, si identifica con l’insegnamento orale di Gesù (Lc 5,1-3). E questa Parola si trova narrata in maniera irripetibile nella storia della salvezza, che ci viene consegnata nelle Sacre Scritture. La Bibbia è così il primo e fondamentale luogo dove Cristo, Parola del Padre, si dona a noi, ci parla, ci interpella e attende sempre una risposta. Il martire san Cipriano ci dice infatti: “Quando leggi, è Dio che parla con te!”.

Non dobbiamo dimenticare che la storia della salvezza viene sempre attualizzata nella vita della Chiesa, nella vita di ogni comunità e di ogni cristiano. Quando, per esempio, ci mettiamo davanti allo splendido cero pasquale della nostra Cattedrale, possiamo comprendere una verità teologica fondamentale: la vita di sant’Erasmo è raccontata come una riproposizione di quella di Cristo. Ogni cristiano, infatti, è chiamato a essere storia della salvezza, ripresentata e sempre donata con novità in ogni tempo e luogo. Di conseguenza la nostra vita è chiamata oggi a essere Parola di Dio realizzata, che viene anche offerta ai fratelli e al mondo di oggi.

Ricordate quella preghiera medievale, che ha come inizio: “Cristo non ha mani”? Essa recita proprio così: “Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora, siamo l’ultimo messaggio di Dio”. C’è la Bibbia è vero, ma ci siamo anche noi cristiani, che modellati dalla Parola, diventiamo Vangelo e formiamo una Chiesa credibile, Corpo vivente del Signore Gesù. Il papa san Gregorio Magno scriveva che “la vita dei buoni è una lettura vivente della Parola”.

Come fare allora perché la nostra vita diventi una Parola di Dio, vivente e presentata ai nostri fratelli, che magari non entrano nelle nostre chiese o non leggerebbero mai la Bibbia?

 

 

… abiti tra voi nella sua ricchezza

 

Ancora papa san Gregorio Magno scriveva: “La Scrittura cresce con colui che la legge”. Qui la nostra vita di Chiesa trova uno snodo fondamentale: la Parola consegnata a noi nella Scrittura diviene viva esperienza di salvezza proprio perché la Chiesa e il nostro essere Chiesa sono lo spazio dove continuamente riecheggia la Parola di Dio e poi si attualizza nella vita e nelle opere di ciascuno.

Qui la Parola di Cristo abita e, soprattutto nella vita ecclesiale, la Parola prende nuovamente carne in chi l’ascolta e la mette in pratica. Pensate: tutto ciò crea quella parentela spirituale con Gesù, il quale nel Vangelo di Luca arriva ad affermare: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!” (Lc 9,21). È questa la via privilegiata per divenire suoi intimi, è questa la gioia profonda da vivere in pienezza: diventare come Maria, che sapeva conservare nel cuore quanto ascoltava, meditare tutto ciò che riguardava Gesù e sapeva inverarlo nella sua vita, Lei la discepola più perfetta di Cristo.

Nella vita e nell’attività della Chiesa, e soprattutto nella liturgia la Parola del Signore risuona sempre come se fosse pronunciata la prima volta e nello stesso tempo è destinata a portare i suoi frutti secondo il profeta Isaia: “La mia parola è come pioggia e la neve, che cadono dal cielo e non tornano indietro senza avere irrigato la terra e senza averla resa fertile. Fanno germogliare il grano, procurano i semi e il cibo. Così è anche della parola che esce dalla mia bocca: non ritorna a me senza produrre effetto, senza realizzare quel che voglio e senza raggiungere lo scopo per il quale l’ho mandata” (55, 10-11).

Ascoltare la Parola e permettere che essa permei il nostro cuore per un rinnovamento di mente ed opere ecco l’impegno continuo, in modo tale che il Vangelo sia credibile nelle nostre persone e incida sulla nostra opera di evangelizzazione e sulla nostra testimonianza cristiana: tutti, sacerdoti, catechisti, cristiani impegnati nella pastorale, tutti dobbiamo essere trasparenza della Parola di Dio, che dobbiamo servire e non servircene, ricordando che siamo stati inviati, come scrive san Paolo, prima a predicare il Vangelo e poi a battezzare (1 Cor 1,17) e ancora: “Per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma un dovere. Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16).

Dobbiamo permettere che la Parola ci parli, che la Parola ci educhi, che La Parola ci modelli e quindi ci converta. E questo è possibile solo nel silenzio, soprattutto interiore, per non essere distratti da tante altre parole, perché la Bibbia contiene “la lettera di amore di Dio agli uomini”. Mettersi allora, sia personalmente che comunitariamente, in ascolto della Parola e farsi da essa giudicare diventi esigenza spirituale, anche perché, come osserva acutamente san Girolamo: “non conoscere le Scritture è non conoscere Cristo”. Ci dice ancora il Concilio: “È necessario che tutti conservino un contatto continuo con le Scritture, mediante la sacra lettura e lo studio accurato” (DV 25).

A questo punto come non ricordarvi l’inizio della Regola di san Benedetto: “Ascolta…”, che altro non è che l’eco dello “Shemà Israel”, che Gesù, la Vergine Maria e gli Apostoli recitavano ogni giorno! Anzi, potremmo dire che è l’eco dell’invito, che il Padre rivolge fin dall’eternità al Figlio. E proprio questo ascolto è il principio sul quale il Signore pone il comandamento dell’amore: “Un maestro della legge… si avvicinò e gli fece questa domanda: «Qual’è il più importante di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Ascolta, Israel! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze. Il secondo comandamento è questo: Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è nessun altro comandamento più importante di questi due»” (Mc 12,28-31).

 

Come fare per vivere questa dimensione pratica dell’ascolto? Vi suggerisco qualche idea che la vostra sensibilità pastorale e la variegata realtà delle comunità sapranno concretizzare e arricchire:

• in ogni parrocchia, ad ora conveniente, si celebri la Liturgia delle Ore almeno con i Vespri;

• l’omelia ben preparata, sia fedele alla Parola proclamata e abbia la durata non superiore ai dieci minuti; diceva il teologo Bonhoëffer, ucciso dai nazisti: “Il predicatore incontra la Bibbia in tre momenti: sul pulpito, sul tavolo di lavoro e sull’inginocchiatoio. Nessuno può commentare la Bibbia dal pulpito senza praticarla sul suo tavolo di lavoro e nella preghiera”.

• consegnare solennemente la Bibbia o il Vangelo alla comunità parrocchiale per una lettura in famiglia, specialmente nell’Avvento e in Quaresima;

• con una particolare liturgia, dare inizio all’anno catechistico consegnando il Vangelo e non il libro del catechismo e impegnare i giovani a leggere, a casa con i genitori, alcune parabole o il racconto della nascita di Gesù o i racconti della passione;

• insegnare ai ragazzi della Cresima quali sono i libri dell’AT e quelli del NT, con quale sigla vengono citati, come si trova un passo nella Bibbia;

• preparare, d’intesa con l’Ufficio liturgico, validi lettori in grado di proclamare bene il testo sacro, ricordando che la Bibbia prima di essere ‘Scrittura’ è ‘proclamazione’ di una parola e di conseguenza non dovrebbero esserci i cosiddetti “foglietti”, perché chi ascolta non legge; è poi questione anche di rispetto verso la Parola del Signore Gesù, poiché, ci dice il Concilio, è Lui che parla quando nella liturgia si legge la sacra Scrittura. Farsi comprendere è inoltre senso di responsabilità verso tutta l’assemblea, la quale dall’ascolto deve convertirsi; la “mala dizione” diventa in alcuni casi “maledizione”;

• sistemare in modo definitivo l’ambone: esso è luogo sacro, solenne, bello ed elevato, esclusivamente destinato alla proclamazione della Parola di Dio, del Vangelo e della Preghiera dei fedeli: da esso non si possono dirigere i canti o rivolgere avvisi o discorsi di circostanza;

• educare alla Lectio divina come esercizio personale, come strumento di discernimento comunitario e come crescita spirituale;

• trovare lo spazio di celebrare in parrocchia “una settimana dell’ascolto”, durante la quale alcune attività pastorali vengono sospese e ci si ferma a meditare la Parola del Signore;

• valorizzare nelle celebrazioni liturgiche i momenti di silenzio, soprattutto dopo la proclamazione della Parola per poterla interiorizzare;

• dedicare, da parte dei presbiteri, maggior tempo alla disponibilità per le confessioni e per i colloqui spirituali, delegando alcuni altri compiti ai diaconi o a laici impegnati;

• d’intesa con il Centro Diocesano Vocazioni si preparino partecipate Veglie vocazionali sulla Parola di Dio.

Sono queste indicazioni, che voi saprete valorizzare nel corso dell’anno pastorale, affinché sappiamo metterci in ascolto del Signore, ricordando quanto Gesù ci ha detto: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; se voi non ascoltate, è perché non siete da Dio” (Gv 8,47) e quanto scrive san Paolo: “… tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per la nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione, che ci vengono dalle Scritture, teniamo viva la nostra speranza” (Rom 15,4).

Ripeto ancora: nell’insegnamento del Signore l’“ascolto” non è mai separato dalla “pratica” della Parola ascoltata, tanto che possiamo dire che mettere in pratica la Parola e obbedirLe è una cosa sola con il suo ascolto. Dalla Parola dobbiamo lasciarci muovere, trasformare, rinnovare. L’etica diviene logica conseguenza dell’ascolto della Parola, che sempre interpella: infatti l’“ascoltare biblico” implica l’“obbedire”. Ci ammonisce perciò l’apostolo Giacomo “Non ingannate voi stessi: non contentatevi di ascoltare la parola di Dio; mettetela anche in pratica! Chi ascolta la parola ma non la mette in pratica è simile a uno che si guarda allo specchio, vede la sua faccia così com’è, ma poi se ne va e subito dimentica com’era. C’è invece chi esamina attentamente e osserva con fedeltà la legge perfetta di Dio, la quale ci porta alla libertà. Costui non si accontenta di ascoltare la parola di Dio per poi dimenticarla, ma la mette in pratica: per questo egli sarà beato in tutto quello che fa” (Gc 1, 22-25).

Il rinnovamento è l’altro campo di impegno personale e pastorale. Rinnovarsi, uscire dal “ho fatto sempre così”, rimotivare se stessi e la propria azione può fare senz’altro paura perché ci impegna a rivedere le nostre posizioni e perché ci mette in discussione proprio dinanzi alla Parola di Dio, che, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei: “… è viva ed efficace. È più tagliente di qualunque spada a doppio taglio. Penetra a fondo… conosce e giudica anche i sentimenti e i pensieri del cuore. Non c’è nulla che possa restar nascosto a Dio. Davanti ai suoi occhi tutte le cose sono nude e scoperte. E noi dobbiamo rendere conto a lui” (4,12-13).

 

Anche qui voglio offrirvi qualche suggestione:

• individuare con gli organismi di partecipazione (Consigli pastorali, Azione Cattolica, equipe, gruppi vari) campi e metodi di rinnovamento circa le attività della parrocchia, in modo particolare riguardo alla catechesi e alla liturgia; i catechisti rimotivino il loro delicato impegno con corsi di aggiornamento biblico e didattico, promossi dall’Ufficio Catechistico;

• per poter esercitare il ministero di catechisti occorrerà il “mandato ecclesiale”, perché il Vangelo si comunica non a nome proprio, ma a nome e per mandato della Chiesa attraverso il Vescovo;

• approfondire i temi attuali alla luce dell’insegna-mento di Benedetto XVI, come i grandi interrogativi sull’esistenza di Dio, sulla fede e la ragione, sul dolore, la morte, la bioetica, l’eutanasia etc.; in una parola: che si sappia dar ragione della nostra speranza con argomenti desunti dalla Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa;

• nella predicazione e nella catechesi parlare della conversione personale alla luce della Parola di Dio e presentare su questa base il sacramento del Battesimo e della Confessione;

• individuare un gesto concreto di rinnovamento: lettura continuata di un Vangelo; lettura comunitaria delle Lettere di san Paolo; lettura e risonanza della Parola di Dio in piccoli gruppi, canto dei Vespri etc.;

• lavorare insieme sul rinnovamento e la purificazione delle feste patronali, perché siano occasioni di evangelizzazione, di testimonianza e di attenzione ai poveri.

 

Camminare insieme

 

Ripeto ancora: se queste riflessioni sulla Parola del Signore vogliono spingerci a camminare insieme alla luce della Parola eterna, esse devono considerarsi anche come preludio al cammino del Sinodo, che sarà apertura al Signore, il quale raduna il suo popolo, gli affida la sua parola, stringe l’alleanza attraverso l’Eucarestia: “mentre lo Spirito stesso prega per noi con sospiri che non si possono spiegare a parole… Dio fa tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano, perché li ha chiamati in base al suo progetto di salvezza” (Rom 8,26.28).

Chiedo a tutti di pregare per questa opera dello Spirito, che vogliamo celebrarla con un cuore solo e un’anima sola: una preghiera che sia ricca di Cristo e della sua Parola, una preghiera che schiuda le porte al soffio dello Spirito: “Il vento soffia dove vuole: uno lo sente, ma non può dire da dove viene né dove va. Lo stesso accade con chiunque è nato dalla Spirito” (Gv 3,8).

Voglio salutarvi nel Signore proprio con le parole dell’Apostolo Paolo, rivolte ai cristiani di Roma (16, 19.25-27) ed ora ripetute a noi cristiani dell’arcidiocesi di Gaeta:

“La grazia di Gesù, nostro Signore, sia con voi. Lodiamo Dio! Egli può fortificarvi nella fede, secondo la parola di Gesù Cristo che io vi ho annunziato. In questo messaggio Dio rivela quel progetto segreto che per lunghissimo tempo aveva tenuto nascosto. Ma ora, per volontà di Dio, questo segreto è stato rivelato con l’aiuto di quel che hanno detto i profeti, ed è stato fatto conoscere a tutti i popoli, perché giungano all’ubbidienza della fede. A Dio, che solo è sapiente, a lui per mezzo di Gesù Cristo, sia la gloria per sempre. Amen”.

 

Gaeta, 1° ottobre 2008

+ Fabio Bernardo
Arcivescovo