BETLEMME E GERUSALEMME LE CITTA’ DELLA LUCE DIVINA

Un tale non-ebreo domandò a Rabbi Joshua: “Voi avete feste, e noi abbiamo feste. Quando voi vi rallegrate, noi non ci rallegriamo; e quando noi ci rallegriamo voi non vi rallegrate. Quando è che ci rallegriamo insieme? Rabbi Joshua rispose: “Quando cade la pioggia”.

Commenta saggiamente Jacob J. Petuchwski: “Il Rabbi avrebbe potuto aggiungere: E anche al momento del solstizio d’inverno, quando i giorni si allungano, quando le luci brillano nelle nostre case e nuova speranza anima il cuore degli uomini”.

Ed è proprio questo il momento in cui ebrei e cristiani festeggiano in una consonanza temporale, secondo i rispettivi calendari, la festa di Chanukhah e la festa di Natale, che cadono ambedue  in prossimità proprio del solstizio d’inverno.

Quest’anno, però, il calendario ci aiuta in modo particolare nella comunione e nella condivisione della festa del Natale di Gesù e della ricorrenza annuale della festa di Chanukhah, infatti le due feste cadono nello stesso giorno, il 25 di dicembre, per il calendario ebraico il 25 di Kislev. In questo giorno i nostri fratelli ebrei fanno memoria della Riconsacrazione del Tempio da parte degli Asmonei nell’anno 165 a.e.v.. dopo la profanazione ad opera di Antioco IV Epifane, il quale in dispregio della sacralità del Tempio aveva eretto la statua di Giove sull’altare dei sacrifici.

Il progetto di Antioco IV Epifane era quello di distruggere l’intera religione del Dio Unico eliminando ogni forma di culto, compresa la circoncisione, e di ellenizzare e paganizzare l’intero popolo d’Israele. Ma il Signore suscitò i Maccabei che, dopo durissime lotte, riuscirono a sconfiggere gli ellenisti per ripristinare e rinvigorire la fede nel Dio Unico, la fede del Dio dei Padri.

Quando gli Asmonei entrarono nel Tempio devastato e profanato, volevano riaccendere i lumi del candelabro che deve ardere perennemente di fronte all’Eterno, non trovarono l’olio prescritto. Dopo aver rovistato fra le rovine, trovarono per puro caso un vasetto di olio con il sigillo del sommo sacerdote, quindi olio che corrispondeva alla purezza cultuale. Questa modesta quantità di olio bastava per tenere acceso i lumi del candelabro per ventiquattro ore. Ma si verificò un miracolo: “Un grande miracolo avvenne là”: questa modesta quantità di olio tenne acceso il sacro candelabro per ben otto giorni. Da qui l’origine della festa di Chanukhah.

La festa di Chanukhah dura otto giorni e, ogni giorno, al tramonto del sole, si accende un lume con la recita delle relative benedizioni e con il canto dell’Hallel (salmi 113-118).

 La festa di Chanukhah ci lega particolarmente ad Israele: noi cristiani, se esistiamo, lo dobbiamo proprio alla fede e alla resistenza dei Maccabei che salvarono l’ebraismo dal progetto di distruzione di Antioco IV Epifane (L’Hitler di turno!). Nel corso della storia, specie in epoca moderna, le due feste si sono reciprocamente influenzate ed arricchite. Basti pensare alle luci del Natale, alla festa della famiglia, i regali ai bambini, e non solo. Negli Stati Uniti, è invalso l’uso di chiamarla il “Natale ebraico”.

Ai cristiani non può sfuggire una nota molto importante: Gesù festeggiò questa ricorrenza a Gerusalemme, ce lo dice espressamente il Vangelo di Giovanni con delle sottolineature inequivocabili:  “Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione (Chanukhah). Era inverno. Gesù passeggiava nel tempio, sotto i portici di Salomone” (Gv 10, 22).

I lumi che si accendono per otto giorni e che brillano nelle case dei nostri fratelli ebrei e le luci del presepe che riscaldano il cuore dei cristiani non sono semplici segni di una ripetitiva tradizione scaduta in un vuoto folklore.

Questi simboli di altissimo valore spirituale e morale che impregnano l’anima profonda dell’ebraismo e del cristianesimo, come sottolinea fortemente Rav Eugene Korn: “invocano un’azione congiunta tra ebrei e cristiani”, infatti, “quando i valori etici non assumono un’importanza primaria nella cultura umana, divampa il male radicale”.    

Parole queste che fanno eco a quelle pronunciate dal cardinal  Carlo Maria Martini: “Sia gli ebrei sia i cristiani svolgono un servizio nei riguardi di tutta l’umanità”. Le luci di Chanukhah e le luci del Natale, per usare l’espressione dell’antico Midrash, possano inverare il progetto primordiale di Dio:  “E quando tutte le scintille saranno ritornate al cielo, allora si verificherà l’era dell’armonia: l’Era messianica. E Io (l’Eterno) restituirò al mondo la luce del primo giorno”.

E’ molto bello e significativo oggi pensare nella ricorrenza del Natale e di Chanukhah al legame profondo che lega due città di forte sapore simbolico e teologico: Gerusalemme, luogo del Tempio riconsacrato e Beth-lehem, il luogo della culla di Gesù, figlio d’Israele.

 Buon Natale! Chanukhah Sameah!

NAZARENO PANDOZI